REGOLA E VITA DEI FRATI MINORI
APPROVATA DA PAPA ONORIO III CON LA BOLLA “SOLET
ANNUERE”
“Onorio, vescovo, servo dei servi di Dio, ai
diletti figli, frate Francesco e agli altri
frati dell’Ordine dei frati minori, salute e
apostolica benedizione:
La Sede Apostolica suole accondiscendere ai pii
voti e accordare benevolo favore agli onesti
desideri dei richiedenti. Pertanto, diletti
figli nel Signore, noi, accogliendo le vostre
pie suppliche, vi confermiamo con l’autorità
apostolica, la Regola del vostro Ordine,
approvata dal nostro predecessore papa
Innocenzo, di buona memoria e qui trascritta, e
l’avvaloriamo con il patrocinio del presente
scritto. La Regola è questa:”
I. NEL NOME DEL SIGNORE INCOMINCIA LA VITA DEI
FRATI MINORI
La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè
osservare il santo Vangelo del Signore nostro
Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla
di proprio e in castità. Frate Francesco
promette obbedienza e reverenza al signor papa
Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti
e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano
tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi
successori.
II. DI COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA
VITA E COME DEVONO ESSERE RICEVUTI
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e
verranno dai nostri frati, questi li mandino dai
loro ministri provinciali, ai quali soltanto e
non ad altri sia concesso di ammettere i frati.
I ministri, poi, diligentemente li esaminino
intorno alla fede cattolica e ai sacramenti
della Chiesa.
E se credono tutte queste cose e le vogliono
fedelmente professare e osservare fermamente
fino alla fine; e non hanno mogli o, qualora le
abbiano, esse siano già entrate in monastero o
abbiano dato loro il permesso con
l’autorizzazione del vescovo diocesano, dopo
aver fatto voto di castità; e le mogli siano di
tale età che non possa nascere su di loro alcun
sospetto; dicano ad essi la parola del santo
Vangelo (cf Mt 19,21), che «vadano e vendano
tutto quello che posseggono e procurino di darlo
ai poveri». Se non potranno farlo, basta ad essi
la buona volontà.
E badino i frati e i loro ministri di non essere
solleciti delle loro cose temporali, affinché
dispongano delle loro cose liberamente, secondo
l’ispirazione del Signore. Se tuttavia fosse
loro chiesto un consiglio i ministri abbiano la
facoltà di mandarli da persone timorate di Dio,
perché con il loro consiglio i beni vengano
elargiti ai poveri. Poi concedano loro i panni
della prova cioè due tonache senza cappuccio e
il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al
cingolo a meno che qualche volta ai ministri non
sembri diversamente secondo Dio. Terminato, poi,
l’anno della prova, siano ricevuti
all’obbedienza, promettendo di osservare sempre
questa vita e Regola.
E in nessun modo sarà loro lecito di uscire da
questa Religione, secondo il decreto del signor
Papa; poiché, come dice il Vangelo, «nessuno che
mette la mano all’aratro e poi si volge indietro
è adatto per il regno di Dio» (Lc 9, 62). E
coloro che hanno già promesso obbedienza,
abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra
senza, coloro che la vorranno avere. E coloro
che sono costretti da necessità possano portare
calzature. E tutti i frati si vestano di abiti
vili e possano rattopparli con sacco e altre
pezze con la benedizione di Dio. Li ammonisco,
però, e li esorto a non disprezzare e a non
giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti
molli e colorati ed usare cibi e bevande
delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e
disprezzi se stesso.
III. DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO E COME I
FRATI DEBBONO ANDARE PER IL MONDO
I chierici recitino il divino ufficio secondo il
rito della santa Chiesa romana eccetto il
salterio, e perciò potranno avere i breviari. I
laici dicano ventiquattro Pater noster per il
mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza,
sesta, nona, per ciascuna di queste, sette; per
il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino
per i defunti. E digiunino dalla festa di tutti
i santi fino alla Natività del Signore. La santa
Quaresima invece, che incomincia dall’Epifania e
dura ininterrottamente per quaranta giorni e che
il Signore santificò con il suo digiuno, coloro
che volontariamente la passano nel digiuno siano
benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono
non vi siano obbligati. Ma l’altra, fino alla
Resurrezione del Signore, la passino digiunando.
Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare,
se non il venerdì. Nei casi di manifesta
necessità i frati non siano tenuti al digiuno
corporale. Consiglio poi, ammonisco ed esorto i
miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando
vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le
dispute di parole, ne giudichino gli altri; ma
siano miti, pacifici e modesti, mansueti e
umili, parlando onestamente con tutti, cosi come
conviene. “E non debbano cavalcare se non siano
costretti da evidente necessità o infermità. In
qualunque casa entreranno prima dicano: Pace a
questa casa. “E secondo il santo Vangelo
potranno mangiare di tutti i cibi che saranno
loro presentati”.
IV. CHE I FRATI NON RICEVANO DENARI
Ordino fermamente a tutti i frati che in nessun
modo ricevano denari o pecunia direttamente o
per interposta persona. Tuttavia per le
necessità dei malati e per vestire gli altri
frati, i ministri soltanto e i custodi per mezzo
di amici spirituali, abbiano sollecita cura
secondo i luoghi, La circostanza, il clima delle
regioni, cosi come sembrerà convenire alla
necessità, salvo sempre, come e stato detto, che
non ricevano in nessuna maniera denaro o
pecunia.
V. DEL MODO DI LAVORARE
Quei frati ai quali il Signore ha concesso la
grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con
devozione, così che, allontanato l’ozio, nemico
dell’anima, non spengano lo spirito della santa
orazione e devozione al quale devono servire
tutte le altre cose temporali. Come ricompensa
del lavoro per sé e per i loro frati ricevano le
cose necessarie al corpo, eccetto denari o
pecunia, e questo umilmente, come conviene a
servi di Dio e a seguaci della santissima
povertà.
VI. CHE I FRATI DI NIENTE SI APPROPRINO E DEL
CHIEDERE L’ELEMOSINA E DEI FRATI INFERMI
I frati non si approprino di nulla, né casa, né
luogo, o alcuna altra cosa. E come pellegrini e
forestieri in questo mondo, servendo al Signore
in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con
fiducia. Ne devono vergognarsi, perché il
Signore si e fatto povero per noi in questo
mondo. Questa e, fratelli miei carissimi,
l’eccellenza dell’altissima povertà, che vi
costituisce eredi e re del regno dei cieli,
facendovi poveri di cose e ricchi di virtù.
Questa sia la vostra porzione che vi conduce
alla terra dei viventi. E a questa povertà,
fratelli carissimi, totalmente uniti, non
vogliate aver altro sotto il cielo, per sempre,
nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. E
ovunque sono e si troveranno i frati, si
mostrino familiari tra loro. E ciascuno
manifesti con fiducia all’altro le sue
necessità, “poiché se la madre nutre e ama il
suo figlio carnale, con quanto più affetto uno
deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?
“E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati
lo devono servire come vorrebbero essere
serviti.
VII. DELLA PENITENZA DA IMPORSI AI FRATI CHE
PECCANO
Se alcuni frati, per istigazione del nemico,
avranno mortalmente peccato, per quei peccati
per i quali sarà stato ordinato tra i frati di
ricorrere ai soli ministri provinciali, i
predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi
quanto prima potranno senza indugio. I ministri
poi, se sono sacerdoti, impongano con
misericordia ad essi la penitenza; se invece non
sono sacerdoti, la facciano imporre da altri
sacerdoti dell’Ordine, così come sembrerà più
opportuno, secondo Dio. E devono guardarsi di
non adirarsi né risentirsi per il peccato
commesso da un frate, poiché l’ira e il
risentimento impediscono in sé e negli altri la
carità.
VIII. DELLA ELEZIONE DEL MINISTRO GENERALE DI
QUESTA FRATERNITÀ E DEL CAPITOLO DI PENTECOSTE
Tutti i frati siano tenuti sempre ad avere uno
dei frati di quest’Ordine come ministro generale
e servo di tutta la fraternità e a lui devono
fermamente obbedire. Alla sua morte l’elezione
del successore sia fatta dai ministri
provinciali e dai custodi nel Capitolo di
Pentecoste, al quale i ministri provinciali
siano tenuti sempre ad intervenire dovunque sarà
stabilito dal ministro generale; e questo una
volta ogni tre anni o entro un termine maggiore
o minore, cosi come dal predetto ministro sarà
ordinato. E se talora ai ministri provinciali e
ai custodi all’unanimità sembrasse che detto
ministro non fosse idoneo al servizio e al
comune bene dei frati, i predetti ministri e
custodi, ai quali e commessa l’elezione, siano
tenuti nel nome del Signore ad eleggersi un
altro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste i
singoli ministri e custodi possono, se vogliono
e lo credono opportuno, radunare nello stesso
anno, una volta i loro frati a capitolo.
IX. DEI PREDICATORI
I frati non predichino nella diocesi di alcun
vescovo qualora dallo stesso vescovo fosse loro
proibito. E nessun frate osi predicare al popolo
se prima non sia stato esaminato e approvato dal
ministro generale di questa fraternità e non
abbia ricevuto dal medesimo l’ufficio della
predicazione. “Ammonisco anche ed esorto gli
stessi frati che nella loro predicazione le loro
parole siano ponderate e caste a utilità e a
edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i
vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità
di discorso poiché il Signore disse sulla terra
parole brevi.
X. DELL’ AMMONIZIONE E DELLA CORREZIONE DEI
FRATI
I frati, che sono ministri e servi degli altri
frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li
correggano con umiltà e carità, non ordinando ad
essi niente che sia contro alla loro anima e
alla nostra Regola. I frati poi, che sono
sudditi, si ricordino che per Dio hanno
rinnegato la propria volontà. “Per cui
fermamente ordino loro di obbedire ai ministri
in tutte quelle cose che promisero al Signore di
osservare e non sono contrarie all’anima e alla
nostra Regola. E ovunque ci siano dei frati che
sapessero e conoscessero di non potere
spiritualmente osservare la Regola, debbano e
possano ricorrere ai loro ministri. E i ministri
li accolgano con carità e benevolenza e mostrino
ad essi tanta familiarità che quelli possano
parlare e fare con essi cosi come parlano e
fanno i padroni con i loro servi; infatti cosi
deve essere, che i ministri siano i servi di
tutti i frati.
Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo,
che si guardino i frati da ogni superbia, vana
gloria, invidia, avarizia, dalle cure e dalle
preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione
e dalla mormorazione. E se non sanno di lettere,
non si preoccupino di apprenderle, ma attendano
a ciò che devono desiderare sopra ogni cosa:
avere lo Spirito del Signore e le sue opere, per
pregare sempre con cuore puro e avere umiltà,
pazienza nelle persecuzioni e nelle infermità “e
amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono
e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i
vostri nemici e pregate per quelli che vi
perseguitano e vi calunniano. Beati quelli che
sono perseguitati per la giustizia, poiché di
essi e il regno dei cieli. E chi persevererà
fino alla fine, questi sarà salvo.
XI. CHE I FRATI NON ENTRINO NEI MONASTERI DELLE
MONACHE
Ordino fermamente a tutti i frati di non avere
vicinanza o colloqui con donne tali da
ingenerare sospetto, e di non entrare in
monasteri di monache, eccetto quelli ai quali e
stata data dalla Sede apostolica una speciale
licenza. Né si facciano padrini di uomini e di
donne, affinché per questa occasione non sorga
scandalo tra i frati e dai frati.
XII. DI COLORO CHE VANNO IN MISSIONE TRA I
SARACENI E TRA GLI ALTRI INFEDELI
Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno
andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli,
ne chiedano il permesso ai loro ministri
provinciali. I ministri poi non diano a nessuno
il permesso se non a quelli che riterranno
idonei ad essere mandati. Per obbedienza,
inoltre, ordino ai ministri che chiedano al
signor Papa uno dei cardinali della santa Chiesa
romana il quale sia governatore, protettore e
correttore di questa fraternità; affinché sempre
sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa
Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo
la povertà, l’umiltà e il santo Vangelo del
Signor nostro Gesù Cristo, che abbiamo
fermamente promesso.
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