Pellegrini di
Speranza
Adorazioni Eucaristiche per il
cammino di Quaresima nell’anno del Giubileo
Nota per
l’utilizzo:
In questa prima parte troverai lo schema
che ti suggeriamo di utilizzare ogni volta. Dalla lettura della Parola di Dio
in poi spostati alle pagine indicate per i diversi venerdì e poi torna qui per
la conclusione.
All'ingresso
in chiesa, prendi un momento di raccoglimento.
Fai il segno della croce lentamente e
consapevolmente.
Nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Mettiti
alla presenza del Signore con questa o una simile preghiera:
Signore Gesù, Tu sei qui
presente nel Santissimo Sacramento. Sono davanti a Te per adorarti, per
lodarti, per ringraziarti. In questo tempo di Quaresima, apri il mio cuore alla
tua presenza. Aiutami a fare silenzio dentro di me per ascoltare la tua voce.
Amen.
Dedica alcuni minuti al silenzio
contemplativo. Puoi utilizzare questi spunti per aiutarti nella preghiera:
•
Guarda l'Eucaristia con fede, consapevole che
è davvero Gesù presente
•
Ripeti dolcemente nel tuo cuore: "Mio
Signore e mio Dio"
•
Offri a Gesù le tue preoccupazioni, le tue
fatiche, i tuoi desideri di conversione
•
Rimani semplicemente in silenzio, lasciando
che il Suo sguardo d'amore riposi su di te
Ti adoro, Signore Gesù
Cristo, qui presente nel Santissimo Sacramento dell'altare. Ti adoro come mio
Dio e mio Salvatore. Ti adoro come Colui che ha dato la sua vita per me. Breve pausa
Ti lodo, Signore Gesù, per
il dono della tua presenza. Ti lodo per la tua infinita misericordia. Ti lodo
perché continui a rimanere con noi nel pane eucaristico. Breve pausa
Ti ringrazio, Signore Gesù,
per tutto ci che fai nella mia vita. Ti ringrazio per la tua fedeltà anche
quando io sono infedele. Ti ringrazio per questo tempo di grazia che mi
concedi.
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alle pagine relative a questa giornata
7
marzo: pagina 4
14
marzo: p. 6
21
marzo: p. 9
28
marzo: p. 12
4
aprile: p. 14
11
aprile: p. 17
Concludi
questo tempo di adorazione con questa preghiera: Signore
Gesù, ti ringrazio per questo tempo trascorso con Te. Fa' che i frutti di questa
adorazione rimangano nel mio cuore e mi accompagnino nel cammino quotidiano
verso la Pasqua. Aiutami a portare la tua presenza nella mia vita e a
testimoniarla agli altri.
Amen.
Segno della croce
Nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
LETTURE, COMMENTI E
PREGHIERE PER L'ADORAZIONE
EUCARISTICA
Così
dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono
morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io
faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche
nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le
bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io
ho plasmato per me celebrerà le mie lodi».
In questo testo, Dio parla
attraverso il profeta Isaia a un popolo in esilio, sfiduciato e senza
prospettive. Le parole "Ecco, io faccio una cosa nuova" sono un
potente annuncio di speranza che risuona anche oggi per noi.
Nel tempo di Quaresima,
siamo invitati a non rimanere ancorati al passato, ai nostri fallimenti e ai
nostri peccati, ma ad aprire gli occhi per vedere i segni di novità che Dio sta
già operando nella nostra vita. "Non ricordate più le cose passate, non
pensate più alle cose antiche!": è un invito a guardare avanti, a non
lasciarci definire dai nostri errori o dalle nostre ferite.
L'immagine dell'acqua nel
deserto è potentissima: rappresenta la vita che irrompe dove sembrava esserci
solo aridità e morte. Anche nei deserti della nostra esistenza - nelle
relazioni difficili, nelle situazioni che sembrano bloccate, nei momenti di
aridità spirituale - Dio può far sgorgare fiumi di grazia, di perdono, di vita
nuova.
L'invito è a riconoscere
questi "germogli" di novità: "proprio ora germoglia, non ve ne
accorgete?". Spesso siamo talmente concentrati sui nostri problemi che non
ci accorgiamo dei segni di speranza che Dio semina nel nostro cammino. La
Quaresima è tempo di conversione dello sguardo, per imparare a scorgere i
germogli di vita nuova che già stanno spuntando.
In questo Anno Giubilare,
siamo chiamati a essere pellegrini di speranza, capaci di vedere oltre il
deserto delle nostre difficoltà, certi
che Dio continua a fare
"cose nuove" per il suo popolo. La Quaresima diventa così non solo un
tempo di penitenza, ma un'opportunità per affinare lo sguardo e riconoscere i
fiumi che Dio fa scorrere nelle nostre steppe.
Davanti all'Eucaristia, fonte
di acqua viva, ci lasciamo trasformare da Colui che sempre rinnova tutte le
cose e ci fa passare, come il suo popolo, dalle acque della schiavitù alla
terra della libertà.
-
Signore, che fai "nuove tutte le
cose", rinnova anche il mio cuore in questo tempo di Quaresima. Aiutami a
non restare prigioniero del mio passato, dei miei errori e delle mie delusioni.
-
Dammi occhi capaci di scorgere i segni della
tua novità che già germinano nella mia vita e nella storia del mondo. Dove vedo
solo deserto, tu apri sentieri di speranza.
-
Ti affido le situazioni aride della mia
esistenza: le relazioni spezzate, i sogni infranti, le ferite che non sembrano
guarire. Fa' scorrere in essi l'acqua viva della tua grazia.
-
In questo Anno Giubilare, fa' che la Chiesa
sia testimone credibile della tua capacità di rinnovare ogni cosa. Per tutti
coloro che
vivono situazioni di
disperazione, malattia o solitudine, sii il fiume che disseta e dona vita
nuova.
-
Aiutami a collaborare con te nel far germogliare
segni di speranza attorno a me, attraverso gesti concreti di carità e di
riconciliazione. Che io possa essere, con la mia vita, acqua che disseta chi ha
sete di senso, di amore, di futuro.
-
Rinnova in me la grazia del mio Battesimo,
perché tutto in me possa "celebrare le tue lodi", riconoscendo le
meraviglie che compi ogni giorno.
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a p. 3 per la Conclusione
Mosè
rispose al popolo: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il
Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li
rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli».
Il
Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di
riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e
dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto».
Allora
Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il
mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero.
Gli Israeliti entrarono nel mare sull'asciutto, mentre le acque erano per loro
un muro a destra e a sinistra.
Il
Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli
Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il
mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani,
fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al
mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto
l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne
scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in
mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. In
quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide
gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la
quale il Signore aveva agito contro l'Egitto, e il popolo temette il Signore e
credette in lui e in Mosè suo servo.
Il passaggio del Mar Rosso è
uno degli eventi fondamentali della storia della salvezza. In questo racconto,
il popolo di Israele si trova intrappolato tra il mare davanti e l'esercito
egiziano alle spalle - una situazione apparentemente senza via d'uscita. È
proprio in questo momento di massima disperazione che Dio interviene e apre un
passaggio attraverso le acque.
In Quaresima, anche noi
possiamo riconoscerci in questo popolo. Spesso ci troviamo intrappolati tra le
nostre schiavitù interiori e ostacoli che sembrano insormontabili. Come gli
israeliti, siamo tentati dalla paura e dalla sfiducia. Ma l'invito di Mosè
risuona potente: "Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del
Signore".
Questo brano ci ricorda che
la liberazione è opera di Dio, ma richiede anche la nostra collaborazione. A
Mosè viene chiesto di alzare il bastone e al popolo di "riprendere il
cammino" - anche quando davanti sembra esserci solo il mare. Il Giubileo,
tempo di grazia e di liberazione, ci invita a fare lo stesso: avanzare con
fiducia verso la Pasqua, certi che Dio può aprire cammini di speranza anche
nelle situazioni più impossibili.
Il mare che si apre è
simbolo del Battesimo, attraverso il quale siamo passati dalla schiavitù del
peccato alla libertà dei figli di Dio. La Quaresima è tempo privilegiato per
riscoprire questa libertà battesimale e viverla in pienezza, lasciandoci alle
spalle definitivamente gli "egiziani" che ci inseguono: i nostri
peccati abituali, le nostre dipendenze, tutto ciò che ci impedisce di essere
pienamente liberi.
Nel momento in cui il popolo
vede "la mano potente con la quale il Signore aveva agito", nasce la
fede: "il popolo temette il Signore e credette in lui". Anche noi,
contemplando l'azione liberatrice di Dio nella nostra vita, siamo chiamati a
rinnovare la nostra fede in Colui che continua a salvare e a liberare.
Davanti all'Eucaristia,
memoriale della Pasqua, riviviamo il nostro passaggio personale dal mare della
morte alla terra della vita, e ringraziamo per la libertà che ci è donata in
Cristo.
-
Signore, di fronte ai "mari" che mi
sembrano invalicabili nella mia vita, aiutami a non cedere alla paura e allo
scoraggiamento. Come Mosè, dammi il coraggio di alzare il mio bastone e di
fidarmi della tua promessa di liberazione.
-
Ti affido le schiavitù che ancora mi tengono
prigioniero: abitudini sbagliate, attaccamenti disordinati, paure che mi
bloccano, peccati che mi allontanano da te. Fa' che, come il popolo d'Israele,
possa attraversare il mare e lasciarmi alle spalle definitivamente questi
"egiziani" che mi inseguono.
-
Per tutte le situazioni nel mondo che
sembrano senza via d'uscita:
guerre, ingiustizie,
violenze, apri cammini di pace e di riconciliazione. Fa' che in questo Giubileo
molti possano sperimentare la libertà dai debiti, dalle dipendenze, dagli odi.
-
Per la Chiesa, perché sia sempre testimone
credibile della tua potenza che libera e salva. Aiutala a essere guida sicura
per quanti cercano un passaggio attraverso i mari della vita.
-
Ricordami, Signore, che tu sei il Dio
dell'impossibile, capace di aprire strade nel mare e sentieri nei deserti.
Ravviva in me la speranza battesimale e accompagnami nel mio esodo personale
verso la Pasqua.
-
Fa' che anch'io, come Israele, possa vedere
"la mano potente" con cui agisci nella mia vita, e così crescere
nella fede in te e nella tua continua azione di salvezza.
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a p. 3 per la Conclusione
La
mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi
depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt'intorno accanto
ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e
tutte inaridite.
Mi
disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore
Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa
inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa:
Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i
nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e
infonderò in voi lo spirito e rivivrete: saprete che io sono il Signore».
Io
profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un
rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro,
ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne
cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. Egli aggiunse:
«Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito:
Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti,
perché rivivano». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in
essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande,
sterminato.
Mi
disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi
vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi
siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io
apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi
riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando
aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò
entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra;
saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.
La visione delle ossa aride
di Ezechiele è una delle più potenti immagini di speranza nella Bibbia. Il
profeta si trova davanti a una distesa di ossa secche - simbolo del popolo
d'Israele in esilio, che ha perso ogni speranza. "Le nostre ossa sono
inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti", è il grido
disperato del popolo.
Questo testo ci interpella
profondamente nel nostro cammino quaresimale. Anche noi conosciamo momenti di
aridità spirituale, situazioni che sembrano morte e senza futuro. Come il
popolo in esilio, possiamo sentirci "ossa secche", privi di energia e
di speranza.
La domanda che Dio pone a
Ezechiele risuona anche per noi:
"Potranno queste ossa
rivivere?".
Il processo di rivitalizzazione
avviene in due fasi significative: prima la ricostruzione fisica (ossa, nervi,
carne, pelle), poi l'infusione dello spirito che dà la vita. È una potente
immagine della risurrezione, non solo quella finale, ma anche quella che
possiamo sperimentare qui e ora quando parti di noi "morte" tornano a
vivere per l'azione dello Spirito.
La risposta viene dalla
Parola e dallo Spirito. È la Parola profetica che mette in moto il processo di
ricostruzione, ma è lo Spirito che dà la vita. Questo duplice movimento -
Parola e Spirito - è al centro della Quaresima, tempo di ascolto intenso della
Parola e di invocazione dello Spirito che ci rinnova.
Il Giubileo è tempo di
risurrezione e di ritorno alla vita. Come Dio promette di aprire i sepolcri e
far uscire il suo popolo dalle tombe dell'esilio, così oggi ci promette di
liberarci da tutto ciò che in noi è morte, disperazione, rassegnazione.
Nell'Eucaristia che adoriamo, riconosciamo il luogo dove la Parola e lo Spirito
continuano a operare il miracolo della nostra risurrezione quotidiana.
Il finale del brano è una
potente affermazione della fedeltà di Dio: "L'ho detto e lo far ". Su
questa promessa possiamo fondare la nostra speranza, certi che il Dio che ha
risuscitato Cristo dai morti può far rivivere anche le nostre "ossa
aride".
-
Signore, davanti a questo Sacramento di vita,
ti presento le "ossa aride" della mia esistenza: le relazioni
spezzate, le speranze deluse, i sogni infranti, le ferite che sembrano non
guarire mai.
-
Come il profeta Ezechiele, anche io confesso:
"Signore, tu solo sai" se queste parti morte di me possono tornare a
vivere. Ma la tua Parola e il tuo Spirito mi assicurano che nulla è impossibile
a te.
-
Fa' che in questo tempo di Quaresima io possa
ascoltare con rinnovata fede la tua Parola che mi chiama a vita nuova. Come le
ossa nella visione di Ezechiele, fa' che anch'io mi lasci ricomporre,
riordinare, rivestire dalla tua grazia.
-
Vieni, Spirito Santo, dai quattro venti e
soffia su ciò che è morto in me e attorno a me. Ridona vita alle mie aridità
spirituali, alle mie stanchezze, alle mie delusioni.
-
Per tutte le situazioni che sembrano morte
nella nostra società: famiglie divise, giovani senza futuro, anziani
abbandonati, malati senza speranza di guarigione. Soffia il tuo Spirito di vita
dove regna la cultura della morte.
-
In questo Anno Giubilare, apri i sepolcri di
tanti cuori chiusi nell'odio, nel rancore, nella disperazione. Fa' che la
Chiesa sia voce profetica che annuncia possibilità di risurrezione anche nelle
situazioni più disperate.
-
Credo, Signore, alla tua promessa: "L'ho
detto e lo far ". Su questa certezza fondo la mia speranza e il mio
cammino verso la Pasqua. Amen.
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a p. 3 per la Conclusione
E
giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta
folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a
mendicare. Sentendo che era Gesù
Nazareno,
cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti
lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di
Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il
cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo
mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi
che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di
nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di
nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Il racconto della guarigione
di Bartimeo è un cammino dalla cecità alla luce, dalla marginalità alla
sequela. Questo mendicante cieco, seduto ai bordi della strada, rappresenta
ciascuno di noi nel nostro bisogno di vedere più chiaramente il senso della
nostra vita e la presenza di Dio.
Colpisce innanzitutto la
perseveranza di Bartimeo. Nonostante i rimproveri della folla che vuole farlo
tacere, egli grida "ancora più forte". La sua è una preghiera
semplice ma potente: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". È la
stessa invocazione che la tradizione spirituale ha conservato nella
"preghiera di Gesù" o "preghiera del cuore". In Quaresima,
siamo invitati a far nostra questa invocazione, ripetendola con la stessa
insistenza e fiducia.
L'incontro con Gesù si
svolge in tre momenti significativi. Prima Bartimeo sente parlare di Gesù, poi
viene chiamato da lui, infine lo incontra personalmente. È lo stesso cammino della
fede: dall'ascolto, alla chiamata, all'incontro personale con il Signore. E in
questo incontro, il cieco deve fare un gesto simbolico importante: gettare via
il mantello, probabilmente l'unica sua sicurezza materiale. Gesù pone a
Bartimeo una domanda sorprendente: "Che cosa vuoi che io faccia per
te?". Sembra ovvio che un cieco voglia vedere, eppure Gesù vuole che
Bartimeo esprima il suo desiderio più profondo. Nel Giubileo, tempo di grazia e
di speranza, anche a noi Gesù chiede: "Che cosa vuoi veramente? Qual è il
tuo desiderio più autentico?".
Il finale del racconto è
bellissimo: Bartimeo "subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la
strada". La guarigione non è fine a se stessa, ma apre alla sequela, al
diventare discepolo. La vera luce che riceviamo non è solo per noi, ma ci mette
in cammino dietro a Gesù. Davanti all'Eucaristia, chiediamo al Signore di
guarire la nostra cecità spirituale, perché possiamo riconoscerlo presente nel
pane consacrato e seguirlo con fedeltà sulla strada della vita.
-
Signore Gesù, come Bartimeo anch'io sono
spesso cieco: cieco di fronte ai segni del tuo amore, cieco davanti alle
necessità dei fratelli, cieco nel riconoscere la strada giusta da seguire.
-
"Figlio di Davide, abbi pietà di me!".
Ti ripeto questa preghiera con insistenza, anche quando le voci intorno a me
vorrebbero farmi tacere, quando lo scoraggiamento o la routine mi portano a
rinunciare a gridarti il mio bisogno.
-
Aiutami a perseverare nella preghiera come
Bartimeo, a non lasciarmi scoraggiare dalle difficoltà, a "gridare più
forte" quando sembra che tu non ascolti.
-
Davanti alla tua domanda "Che cosa vuoi
che io faccia per te?", ti rispondo con sincerità: voglio vedere, Signore!
Voglio vedere il tuo volto nei sacramenti, negli eventi della mia vita, nelle
persone che incontro. Voglio vedere il senso del mio cammino, le tue tracce
nella storia, i segni del tuo Regno che cresce.
-
In questo tempo di Quaresima, aiutami a
"gettare via il mantello" delle mie false sicurezze, dei miei attaccamenti
disordinati, di tutto ciò che mi impedisce di alzarmi e venire da te con
libertà.
-
Per tutti coloro che sono ciechi
spiritualmente: quanti non vedono un senso nella vita, quanti sono accecati
dall'orgoglio, dall'avidità, dal pregiudizio. Dona loro la luce della fede.
-
In questo Anno Giubilare, fa' che anch'io,
guarito dal tuo amore, possa seguirti "lungo la strada" con
entusiasmo e fedeltà, diventando testimone della speranza che non delude. Amen.
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a p. 3 per la Conclusione
Ritengo
infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria
futura che sarà rivelata in noi. L'ardente aspettativa della creazione,
infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti
è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui
che l'ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà
liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della
gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e
soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo
le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli,
la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati.
Ora,
ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che
uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo,
lo attendiamo con perseveranza.
In questo intenso brano
della Lettera ai Romani, San Paolo ci offre una riflessione profonda sulla
speranza cristiana, collocandola in una prospettiva cosmica. Non si tratta solo
della nostra redenzione personale, ma di quella dell'intera creazione che
"geme e soffre le doglie del parto".
L'immagine del parto è
potentissima: il dolore presente non è sterile ma orientato alla vita, alla
nascita di qualcosa di nuovo. Così le sofferenze che sperimentiamo - personali,
ecclesiali, planetarie - non sono l'ultima parola, ma le "doglie" di
un mondo nuovo che sta nascendo. Questa visione trasforma radicalmente il
nostro modo di guardare alla sofferenza: non è più un assurdo da evitare ad
ogni costo, ma può diventare, nella fede, il luogo di una gestazione, di una
nascita.
Paolo collega la redenzione
dell'uomo e quella del cosmo. Il destino della creazione è intrecciato con il
nostro: "la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della
corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio".
Questo ci richiama alla nostra responsabilità verso la casa comune, che in
Quaresima possiamo riscoprire attraverso pratiche di sobrietà e di rispetto
dell'ambiente. La speranza cristiana non è un sentimento superficiale o un
ottimismo ingenuo. Paolo sottolinea che "nella speranza siamo stati
salvati". La speranza non è un optional per il cristiano, ma la sostanza
stessa della salvezza. E questa speranza si esprime nella
"perseveranza", nell'attesa paziente e fiduciosa di ciò che non
vediamo ancora pienamente realizzato.
Il Giubileo ci invita a
diventare "pellegrini di speranza", capaci di riconoscere i gemiti
della creazione e di trasformarli, con la forza dello Spirito, in canto di
lode. La nostra adorazione eucaristica diventa così spazio in cui uniamo i
nostri gemiti a quelli della creazione, nell'attesa fiduciosa della piena
manifestazione della gloria di Dio.
Davanti all'Eucaristia, che
contiene già il Cristo glorioso, primizia della nuova creazione, impariamo ad
attendere con "ardente aspettativa" la pienezza della redenzione,
cercando di vivere già ora come "nuove creature" (2Cor 5,17).
-
Signore, davanti a te che ti sei fatto pane
spezzato per la vita del mondo, presento i "gemiti" della mia vita e
quelli della creazione intera. Come Paolo ci insegna, trasforma questi gemiti
in preghiera di speranza.
-
Ti affido le mie sofferenze personali: quelle
del corpo, quelle dell'anima, quelle delle relazioni difficili. Aiutami a non
viverle come assurde e senza senso, ma come "doglie del parto", segni
di una vita nuova che vuole nascere in me.
-
Per la tua Chiesa, che spesso sperimenta la
debolezza e la fragilità: aiutala a non perdere mai la speranza nella
"gloria futura", ma a testimoniare con coraggio la gioia del Vangelo
anche nelle difficoltà.
-
Per il nostro pianeta, la nostra casa comune,
che "geme e soffre" a causa dell'inquinamento, dello sfruttamento
sconsiderato delle risorse, dei cambiamenti climatici. Ispira scelte coraggiose
di custodia del creato.
-
Per tutti coloro che soffrono nel corpo e
nello spirito: i malati, gli esclusi, gli oppressi, i perseguitati. Fa' che
possano sperimentare la solidarietà dei fratelli e sentire che le loro
sofferenze sono "doglie di parto" di un mondo più giusto.
-
Donami, Signore, la virtù della perseveranza,
per attendere con fiducia ciò che ancora non vedo, per camminare nella speranza
anche quando l'orizzonte sembra oscuro.
-
In questo Anno Giubilare, rendimi testimone
di quella speranza che è già salvezza, capace di guardare oltre le apparenze
per scorgere i semi del Regno che già crescono nella storia. Amen.
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a p. 3 per la Conclusione
Quando
Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betania
distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da
Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva
Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù:
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora
so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse:
«Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella
risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la
vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non
morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu
sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Allora
Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una
grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la
pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo
odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se
crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò
gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo
che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno,
perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce:
«Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e
il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo
andare».
La risurrezione di Lazzaro è
l'ultimo e più grande dei "segni" che
Gesù compie nel Vangelo di
Giovanni prima della sua Pasqua. È un segno che anticipa la vittoria definitiva
di Cristo sulla morte e apre il nostro cuore alla speranza più grande: la vita
eterna.
In questo racconto,
colpiscono le parole di Marta: "Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto!". Quante volte anche noi abbiamo pensato o
detto parole simili davanti alle nostre sofferenze: "Dov'eri,
Signore?". La Quaresima ci invita a riconoscere questi momenti di
apparente assenza di Dio, ma anche a superarli nella fede, come fa Marta quando
aggiunge: "Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te
la concederà".
Il dialogo tra Gesù e Marta
tocca il cuore della nostra fede: "Io sono la risurrezione e la
vita". Gesù non promette solo una risurrezione futura, nell'ultimo giorno,
ma si presenta come la Vita stessa, capace di vincere la morte qui e ora. La
vita eterna non è solo una realtà che ci attende dopo la morte, ma una qualità
di vita che già possiamo sperimentare entrando in comunione con Cristo.
Gesù si commuove
profondamente davanti al dolore delle sorelle e degli amici di Lazzaro. Non è
indifferente alle nostre sofferenze, ma le condivide, le fa sue. Questo Dio che
piange con noi è il Dio che poi grida con potenza: "Lazzaro, vieni fuori!".
Compassione e potenza si uniscono in Cristo.
L'ordine finale di Gesù,
"Liberatelo e lasciatelo andare", è rivolto anche a noi in questo
tempo di Quaresima e di Giubileo. Siamo invitati a lasciarci liberare da tutto
ciò che ci tiene prigionieri: paure, peccati, abitudini malsane, relazioni
malate. Gesù non solo ci riporta alla vita, ma vuole che siamo pienamente
liberi.
Davanti all'Eucaristia,
contempliamo Colui che è "la risurrezione e la vita", e rinnoviamo la
nostra professione di fede: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo,
il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo".
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Signore Gesù, risurrezione e vita, davanti al
tuo Sacramento d'amore riconosco che solo tu puoi vincere la morte che abita in
me: la morte del peccato, dell'indifferenza, della disperazione.
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Come Marta, ti confesso la mia delusione per
le situazioni in cui mi è sembrato che tu fossi assente. Ma con lei ripeto:
"Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che
viene nel mondo".
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Ti ringrazio perché tu non resti indifferente
davanti alle mie sofferenze, ma ti commuovi con me, piangi con me. Il tuo
pianto, Signore, è già consolazione e promessa di risurrezione.
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Per tutte le situazioni che sembrano
irrimediabilmente "morte" nella mia vita e nella vita del mondo:
relazioni spezzate, sogni infranti, speranze deluse. Tu che hai richiamato
Lazzaro dal sepolcro, pronuncia anche su di esse la parola che fa rivivere.
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Per tutti coloro che piangono la perdita di
persone care, che lottano contro malattie gravi, che si trovano in situazioni
di vita apparentemente senza via d'uscita. Fa' che sperimentino la tua presenza
che consola e ridona speranza.
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In questo Anno Giubilare, aiuta la tua Chiesa
a essere annunciatrice credibile della speranza che vince la morte. Rendici
testimoni della risurrezione, capaci di far rotolare le pietre dei sepolcri e
di sciogliere le bende che imprigionano tanti nostri fratelli.
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Grazie, Signore, perché in te la vita ha
vinto definitivamente la morte. Aiutami a vivere ogni giorno nella gioia di
questa certezza e a testimoniare la speranza che non delude. Amen.
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